Si era preparata proprio a questo Romana Zambon quando ha deciso di intraprendere un viaggio in Iran guidata da quel suo particolare intuito che le consente di utilizzare il mezzo fotografico per far emergere la bellezza ovunque si manifesti. Per calarsi totalmente nelle atmosfere che pensava avrebbero dovuto caratterizzare la sua ricerca, la fotografa ha per prima cosa deciso di realizzare fotografie monocromatiche tutte giocate sulle sfumature che dalla lievità del celeste approdano all’intensità del blu concedendosi anche qualche raffinata digressione sulle variazioni del verdazzurro. In questo modo il lavoro ha assunto una particolare valenza, una forma di elegante distacco nell’inseguire le modanature che ingentiliscono le cupole, l’imponente grandiosità di alcune architetture e la finezza più delicata di altre, il rigore geometrico che governa l’armonia e l’audacia costruttiva che la valorizza. L’obiettivo di Romana Zambon si sposta con l’acume dello sguardo come quando insegue la vitalità di un albero che si infila di slancio nel tetto aperto di una cupola o coglie con sorpresa attraverso un’altra un cielo poeticamente attraversato da uccelli in volo. Non è un reportage quello che Romana Zambon ha realizzato in questo paese dilaniato da terribili contrasti ma ne possiede la valenza perché la bellezza e l’armonia sono valori da cui i nemici della democrazia si sentono minacciati.