Il blu è il tono della grande profondità, della calma, dell’ infinito, della serenità emotiva, dell’ armonia, evocando il cielo e il mare, simboleggia la spiritualità e la meditazione.
In questa serie fotografica, come per Klein, il blu è associato a ciò che di più astratto e insondabile vi sia in natura, ovvero lo spazio che ci sovrasta -con tutte le valenze simboliche a esso collegate- e ciò che appartiene agli abissi, legati spesso al luogo sconfinato e misterioso dell’anima.
Due nature che coesistono, due spazi che potremmo immaginare al contempo esterni e interni al soggetto, nella loro essenza divina, o viceversa inconscia e oscura.
La maggior parte dei soggetti ritratti sono luoghi di culto, cattedrali, moschee, o città reali, ma dai tratti onirici, come Jodhpur, la “città blu” nel Rajasthan che deve il suo nome alla vernice indaco utilizzata un tempo per dipingere le case dei Bramini, la casta più elevata della società indiana.
Sono rivestiti di blu, grazie alla tecnologia fotografica a disposizione nel XXI secolo, monumenti storici e cattedrali, dando allo spettatore la possibilità di vederli attraverso un nuovo spettro cromatico, in grado di modificarne la percezione.
Queste immagini sono tutt’altro che cupe, trasmettono un senso di armonia e benessere emotivo. In esse la figura umana non compare mai, proprio perché i paesaggi ritratti dall’artista non sembrano realmente abitati.
L’interrogativo a cui l’artista sottopone lo spettatore sembra dunque essere questo: se il mondo potesse essere filtrato integralmente da un effetto blu, cosa cambierebbe nelle nostra percezione di esso? Sarebbe quindi possibile, a patto di cambiare la “lente” del nostro sguardo, immaginare una totale armonia cosmica?